La prima serie tv sui bambini transgender parte dall’Inghilterra. La storia è quella di Max/Maxine, un’undicenne nata in un corpo di bambino, e della sua famiglia.
Sul sito Ansa.it ho letto una frase in particolare che mi ha fatto riflettere: “Questa è la prima serie a parlare di bambini trans, ma arriverà il momento in cui le storie includeranno personaggi trans non in quanto trans, come dopo 20 anni è successo con gli omosessuali.”
Molti vedono questa notizia come un passo avanti per l’umanità, pensando che in nome dei diritti e dell’uguaglianza si stia dando voce a chi non era ascoltato; in realtà l’unica cosa che riesco a sentire è il rumore di una generazione che sta crescendo sempre più confusa.
Educare il bambino significa orientarlo verso l’uomo che può diventare esattamente come educare la bambina significa orientarla verso la donna che può diventare, “ma questa è una serie tv per tutti”, come dice Luca Barsaglia, excutive director programming di Fox Italia, quindi anche una serie tv per bambini, o forse soprattutto per bambini, in modo che possano prendere esempio ed essere ispirati a trovare la loro strada.
Ma se l’identità diventa indistinta, l’educazione manca il proprio scopo. E’ questo che stiamo insegnando alle nuove generazioni, non le stiamo portando verso una crescita in nome della libertà e del progresso, le stiamo solo rendendo più confuse e fragili. Le stiamo insegnando che tutto ciò che era certo ed ovvio ora non lo è più, che ciò che poteva essere un punto di riferimento per la propria identità può essere un ulteriore punto di domanda. Come se non ci fossero abbastanza incertezze nella vita. Siamo proprio sicuri che possiamo definire questa serie tv come un trampolino di lancio? O è piuttosto un’inversione di marcia?
Articolo scritto da Sara
fonte: Ansa.it