Qualche giorno fa durante una cena a casa dei miei, non ricordo come, ci siamo trovati a parlare dei nomi di persona e dei rispettivi significati. Non sapevo che per mio padre avrei dovuto chiamarmi Ines.
“Perché questo nome?”, gli chiesi e lui rispose: “Perché avrei voluto che tu fossi un’artista di grande talento nel campo musicale e volevo già darti un nome fuori dal comune ma, tua madre non ha voluto e così ti chiami Francesca”. Devo ammettere che il nome Ines mi sarebbe piaciuto molto perché poi, sbirciando sul web, ho visto che il suo significato è “casta, pura” ma poi mi soffermai sul perché mio padre avrebbe voluto darmi quel nome.
Credo che sia una realtà molto diffusa nella società di oggi quella di creare un’immagine della famiglia che viene poi trasmessa ai figli e alle generazioni successive, un’immagine che però molto spesso risulta essere una distorsione della realtà. Genitori che si presentano ai figli come individui perfetti che non sbagliano mai, oppure genitori che vogliono scrivere il destino dei propri figli in base a quelle che sono le loro aspirazioni da piccoli e che non sono riusciti a portare avanti nella propria vita, creando in questo modo nei figli una pressione e un peso che non dovrebbero portare. Mio padre voleva che io diventassi un’artista nel campo musicale perché era la sua aspirazione quando era piccolo e non essendoci arrivato sicuramente avrebbe voluto che io portassi avanti il suo sogno che però non è mai stato il mio. Si tratta di gestire delle immagini o etichette che noi o i nostri familiare abbiamo creato e che molto spesso non ci riguardano perché siamo chiamati a qualcosa di molto più grande di tutto questo.
Questa tendenza diventa molto spesso più intensa e direi distruttiva nel matrimonio, nell’amicizia o, come dicevo prima, nel rapporto genitori-figli e quando un coniuge o i figli diventano estensioni di noi stessi, sono costretti a sopportare un peso che non è mai stato loro. E’ una dinamica tossica per le relazioni.
Siamo chiamati a costruire intorno a noi relazioni pure, sane, vere, dove la trasparenza e la sincerità formano la base solida di un rapporto, qualsiasi esso sia (amicizia, matrimonio, rapporti di lavoro…), per questo abbiamo bisogno di dare un nome a questa immagine o meglio, a questa maschera. Conoscere questa abitudine è importante perché inizierai subito a riconoscere il momento in cui lo fai e solo così ci potrai lavorare.
Non c’è bisogno di matrimoni perfetti, figli perfetti, famiglie perfette, amicizie perfette; c’è solo bisogno di purezza e trasparenza nelle relazioni. Il nostro scopo è ben più alto: sperimentare un amore puro privo di interessi personali, di aspirazioni sbagliate, di benefici percepiti o ambizioni proprie.
Questo è quello a cui siamo chiamati, non per poi confrontarci con gli altri e vedere se ci stiamo riuscendo o meno, ma bensì per vivere a pieno la nostra missione che è quella di impiantare una cultura di purezza.
Articolo scritto da Francesca || Redazione Purex