Lunedì 15 marzo sarebbe nata Elisa. Perché scrivo questo post ? Credetemi, non è per attirare commenti sdolcinati e nemmeno per assembrare un pò di like sotto il mio profilo. Non ne ho bisogno e, se anche ne avessi, non userei certo lei per ottenere un po’ di approvazione.
Sono spinta, piuttosto, dal desiderio di esprimere quello che provo rivolgendomi a coloro che svalutano l’aborto sminuendo tutto ciò che irreversibilmente accade nella sensibilità di una madre.
Scrivo perché facebook mi chiede a cosa sto pensando e il mio pensiero, da qualche giorno, porta il suo nome.
Mi sono accorta di come, pur avendo superato il dolore e pur avendo continuato a riempire la mia quotidianità di obiettivi e traguardi da raggiungere, un figlio non si cestina come la bozza di una poesia mal riuscita.
Il pensiero di Elisa é balenato nella mia coscienza all’improvviso, pochi giorni fa: é piombata di nuovo nei miei sogni senza chiedermi il permesso, si é appoggiata fra le sensazioni del mio corpo. Una carezza dolorosa ha sfiorato la mia pancia da dentro, mentre pensavo ad altro.
Il calendario allora, con una spiegazione logica, mi ha ricordato che in questi giorni avrei finalmente poggiato mia figlia sul mio cuore meravigliandomi del suo battito sulla superfice della mia pelle.
Il pensiero é diventato quindi sempre più solido, fino a farsi partorire nuovamente dai miei ricordi.
Ecco perché scrivo, reduce di una profonda e intima riflessione: avrò altri figli, si. Avrò altre date da festeggiare e palloncini da comprare con i numeri dei loro primi compleanni, ma il 15 marzo, in qualche modo, é indelebilmente segnato dal suo nome: Elisa. Il compleanno che festeggerò sempre da sola, tra le viscere dei miei ricordi silenziosi.
Non so se mi capiterà di pensare a lei ogni quindicesimo giorno di marzo, ma ho capito che il mio esserle madre prescinde ogni forma di razionale negazione.
Un breve post per urlare agli avanguardisti che l’aborto non cancellerà il nome né il ricordo di un figlio. Ho compreso e constatato come anche l’aborto abbia un tremendo potere generativo. Se non darà luce ad un bimbo, farà nascere comunque un’evocazione perpetua, un amara ricorrenza, un’indelebile sensazione di morte.
Come si può pensare di cancellare la maternità dal corpo di una donna come se fosse un brufolo da schiacciare o un’imperfezione da togliere? Concepire un figlio segnerà la storia del genitore in modo implacabile: un rimedio clinico, qualsiasi esso sia, non potrà impedire alle cellule intessute nei suoi organi di essere spurgate via come un rifiuto.
Un figlio é un figlio.
Non é una coincidenza di cui disfarsi, la deformazione di una realtà ben programmata, né tantomeno un evento da rimandare ad un momento migliore.
E ora parlo a te, che seguendo i lasciti femministi della nostra storia hai iniziato a chiamare “diritto” la sua crudele uccisione.
Un figlio non é meno figlio nel primo trimestre solo perché ancora non ha la forma perfetta di bambino. La medicina stessa si contraddice nel dargli un nome impersonale, quasi negandogli un identità umana.
Feto, embrione o bambino che sia, una pasticca non basterà a liberarti della sua persona: immaginerai il suo volto anche quando infastidita ti costringerai a non farlo; ricorderai vagamente il suo compleanno mai verificatosi anche se non vorrai; saprai che sarà per sempre una parte indissolubile di te, anche se non gli darai mai la possibilità di respirare. Sappi che la morte si comporta sempre nello stesso modo in questa vita: lascia un vuoto, un buco sulla terra che non si può riempire con un’esistenza diversa da quella deceduta. Se ogni lutto ha il peso di una tomba nel cuore, la sepoltura di tuo figlio vivo potrebbe essere il tuo eterno tormento.
Lettera di Fiorella || Redazione purex